19.01.174 - «I preti operai e la lotta di classe»

Inviato da alessandro.boin il Sab, 02/10/2018 - 16:21

ABSTRACT: Il volantino, stampato sul recto e sul verso, riporta sul recto la copia di alcuni articoli di giornale che raccontano l'impegno di alcuni preti a fianco degli operai in lotta mentre sul verso vi è un comunicato a cura dei giovani operai e studenti coministi che citando l'impegno di suddetti preti invitano alla lotta contro il capitalismo e l'imperialismo.

I preti operai e la lotta di classe
"La lotta di classe", dice il sacerdote fiorentino, "è la molla che mi ha spinto ad andare in fabbrica".
La tuta dopo i paramenti della Messa, timbrare il cartellino all' orologio della fabbrica di gomma con sopra nome e cognome, Bruno Borghi, senza il "don", iscriversi al sindacato, fare i turni di notte come gli altri.
Finchè un giorno l' ingegnere della "Gover" lo chiama per dirgli: "Ti avevo assunto quattro mesi fa, su raccomandazione di un parroco, pensando che ti occupassi di cose evangeliche. Invece tu ti occupi di cose sindacali. Sei licenziato".
E succede che, per la prima volta in Italia, 400 operai scioperano per il licenziamento di un prete.
Per la prima volta il sindacato manda avanti in tribunale un processo per violazione della legge sulla giusta causa, difendendo il lavoro di un prete-operaio.
Don Borghi e don Mazzi non sono soli ...
A Firenze don Caciolli, cappellano dell' Isolotto, lavora in una fabbrica di vernici.
Don Carlo Calamandrei, col permesso del cardinale Florit, fa l' infermiere all' ospedale centrale di Careggi.
A Vicenza un prete lavora in una fabbrica di ceramiche. Ad Ancona ce ne sono fra i pescatori.
A Bologna alcuni giovani formati al "Cenacolo" di Firenze, hanno preferito fermarsi in diaconato per essere più liberi di lavorare in fabbrica.
A Viareggio don Siro Politi fa il contadino, ha la cappella in fienile, l' officina in una vecchia casa colonica: è stato uno dei primi preti-operai italiani, si era occupato in un cantiere navale, finchè non venne il "veto" di Roma.
Esistono i "piccoli fratelli" di Charles de Foucauld: usicto dagli scontri con Gedda quand' era assistente della Gioventù cattolica, don Arturo Paoli ha lavorato da minatore in Sardegna, da scaricatore di porto, ad oggi è contabile di una cooperativa di boscaioli in Argentina.
Un paesaggio consueto di rosari in fabbrica, pellegrinaggi aziendali a Lourdes, Messe celebrate sui torni, cappellani assunti dalle aziende in funzione dell' ordine viene sconvolto.
Firenze ha un don Mazi che riempie la chiesa di lavoratori e un don Borghi che supera, per conto proprio, il clichè già audace del prete-operaio.
Si considera un operaio-prete. Assume fino in fondo la condizione salariale.
Era fra gli operai della Pignone, nei giorni della occupazione del '54, fra i requisitori delle Cave nel '57, fra gli occupanti della Galileo nel '58.
Il Mondo di don Milani era la scuola, quello di don Borghi la fabbrica, vista come luogo biblico.
La chiesetta, costruita con le sue mani a Quintole, su una collina inarcata fra i campi dell' Impruneta, quattordici chilometri da Firenze verso Siena, non gli basta.
Ha 45 anni e spalle da scaricatore di porto.
Le cinquanta anime della sua parrocchia di campagna, dove il cardinale Florit lo ha esiliato, la scuola di catechismo, il rosario sgranato con la vecchia madre in canonica, il calcio-balilla nell' orto per i ragazzi fra profumi di rosmarino e galline costituiscono per l' operaio-prete una seconda vita.
Lui operaio vive dentro questi simboli del cattolicesimo rurale, dove il prete è ancora un capo e il campanile regola le esistenze.
Non vuol essere solo il prete che libera dal peccato, ma anche l' uomo che libera i fratelli dalle oppressioni economiche.
"Il mio caso" dice "non è che uno dei tanti in cui un operaio viene licenziato, non perchè non lavora, ma soltanto perchè si sente impegnato nella lotta insieme agli altri lavoratori. Il fatto che io sia un prete non cambia niente".
Apre il Vangelo di Luca e trova che la prima volta che Cristo ha aperto bocca, nella sinagoga di Nazareth, fu per leggere Isaia: "Il Signore mi ha mandato per evangelizzare i poveri e rendere liberi gli oppressi".
Il parroco dell' "Isolotto di Firenze"
Don Enzo Mazzi denunciato per blocco stradale in Sicilia
Assieme al sacerdote sono coinvolte nella vicenda, avvenuta lo scorso ottobre, altre sette persone.
Palermo, 25 novembre
Il parroco dell' "Isolotto" di Firenze, don Enzo Mazzi, Lorenzo Barbera del Centro studi ed iniziative di Danilo DOlci, e sei persone di Roccamena (Palermo) sono stati denunciati per blocco stradale in seguito alle "pressioni popolari" del 21, 22 e 23 ottobre scorso.
Lo scopo dei "50 giorni di pressione popolare" - manifestazione organizzata dal Centro studi ed iniziative - era di richiamare l' attenzione delle autorità sul piano di sviluppo economico e sociale delle zone terremotate e, in particolare, per le valli del Carboi, del Belice e dello Jato.
Durante le dimostrazioni dei "Tre giorni di Roccamena" sono stati illustrati ai cittadini il piano di sviluppo della zona e gli obiettivi delle "pressioni popolari": verifiche geologiche - indispensabili per la ricostruzione dei paesi distrutti dal terremoto del gennaio scorso - case, acqua e lavoro.
Firenze - Don Bruno Borghi, il prete-operaio il cui licenziamento dalla fabbrica dove lavorava ha fatto intervenire i sindacati.
Don Borghi ha 45 anni ed è parroco di Quintole, una frazione di poche famiglie dell' Impruneta.
Cosa nuova in Italia, è icritto alla CGIL, e stava per diventare segretario della commissione interna.

Una crisi profonda scuote il mondo.
Nell' epoca della conquista dello spazio milioni di uomini soffrono la fame, la guerra serpeggia nel mondo.
All' origine di questa situazione sta la logica del capitalismo: ricchezze e poteri enormi sono concentrati in poche mani, aumenta lo sfruttamento delle masse dei lavoratori, si ricorre a meccanismi sempre più autoritari e oppressivi, a forme sottili di dominio sulla vita dell' individuo (pubblicità, stampa, RAI-TV).
Ma gli uomini, i popoli non si arrendono a questa realtà.
In tutto il mondo vediamo i segni della insofferenza, della coscienza della insopportabilità della situazione attuale, le manifestazioni e le forme di resistenza e di lotta dei lavoratori, dei giovani, degli oppressi contro lo sfruttamento, l' autoritarismo, l' imperialismo.
Occorre estendere e sviluppare ancora questa lotta.
Tutti devono prendere posizione.
Gli esempi dei preti-operai fiorentini indicano che la religione non è un ostacolo per schierarsi dalla parte giusta.
Oggi il grande problema è quello di cogliere le esigenze e le aspirazioni di fondo.
Bisogna uscire dalla crisi del capitalismo e dell' imperialismo.
La via è sempre più chiaramente quella della lotta per la pace, per l' indipendenza dei popoli, per la liberazione piena dell' uomo da ogni forma di sfruttamento e di alienazione.
E' la via della rivoluzione socialista.
Operai, contadini, giovani organizziamoci per costruirla.
Giovani operai e studenti Comunisti

Istituto conservatore
CSEL
Segnatura archivistica
«19.01.174»
arco cronologico
«1968, nov.»
tipologia documentaria
volantino